DANIELE FALLERI: “ARTISTI SI NASCE E POI SI DIVENTA”

Un maestro contemporaneo della Regia che si racconta con molta semplicità e non lesina opinioni che divengono spunto di riflessione. Ci parla, tra le altre cose, del suo recente lavoro e fa un appello ai produttori perché è un progetto che merita realizzazione. Ne siamo certi. Buona lettura.CM

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DANIELE FALLERI: un toscano a Roma; un aggettivo che la definisce? 

Accogliente.

Quando scocca la scintilla? Quando nasce la passione artistica?

Il mio percorso artistico è (come quello di tutti i miei colleghi) personalissimo ed unico. Fuori dalle regole semplicemente perché non ci sono regole. Al contrario delle carriere considerate tradizionali, nei percorsi creativi ognuno inventa giorno per giorno la propria strada.

Per me, tutto è iniziato quando all’età di 12 anni pretesi un diario segreto come regalo di compleanno. Iniziai a scrivere e non mi sono più fermato. Poi, la scrittura da una semplice cronologia degli eventi quotidiani, si è trasformata in pensieri e riflessioni, poi in brevi racconti di narrativa ed infine in scrittura per immagini: sceneggiature per la macchina da presa e testi teatrali per il palcoscenico. Da lì è scaturita anche la mia passione per la regia.

Ed adesso come procede il suo vissuto artistico/lavorativo?

Procede sospinto dalla stessa passione totalizzante e testarda dell’inizio. Navigo a vista saltando da una barca all’altra lasciandomi guidare dall’istinto e dall’entusiasmo. I progetti si susseguono seguendo un ordine che a volte rimane anche a me sconosciuto, spesso il filo conduttore si rivela solo alla fine, quando il viaggio è compiuto. Negli ultimi mesi ho messo in scena due spettacoli teatrali (MATHILDE e SULLE SPINE, amatissimi), ho pubblicato un libro (“INCONSOLABILE”, un noir psicologico a tinte comiche), ho girato un cortometraggio, scritto una serie Tv, firmato una campagna sociale. In più sono docente in una prestigiosa Accademie di Cinema di Roma (l’Action Academy) e tengo corsi online sulla regia con un Associazione Europea di Formatori Teatrali (l’AEFT). Per il resto, addestro tortore selvatiche e gioco a padel. E mi imbufalisco se non vinco ai tornei.

Davvero si arrabbia se non vince? Uno scoop! Simpatico. Spesso la carriera artistica è contrastata da diverse difficoltà, luoghi comuni, porte difficili da sfondare… È stato così anche per lei?

Non solo le carriere artistiche devono superare difficoltà, incomprensioni e derisioni per potersi realizzare, ma la vita stessa e soprattutto i sogni. Ma sta ad ognuno di noi definire l’importanza delle proprie aspirazioni e quanto siamo disposti a sacrificarci e a combattere per concretizzarle.

Ha qualche “rivelazione” importante che ha voglia di svelare in questa intervista? Qualche “Anticipazione” artistica a cui sta lavorando? 

Ho scritto la sceneggiatura per un film e spero con tutto me stesso di poterlo girare al più presto. Afferro al volo l’opportunità di questa intervista per fare un appello a tutti i produttori che stanno leggendo: è una storia sensazionale! Inoltre sto lavorando ad un nuovo cortometraggio e a 2 spettacoli per la prossima stagione teatrale, entrambi mai rappresentati prima.

Quali sono i Sogni che sente di aver già realizzato e quelli ancora nel cassetto?

Il sogno più grande che ho realizzato è qualcosa che un tempo mi sembrava impossibile: fare della mia passione la mia professione. Vivere di ciò che mi piace. Essere riuscito a pagare bollette, affitti e pasti con ciò che amo fare è il mio piccolo grande successo.

Per quanto riguarda i sogni nel cassetto, le dico solo che sto acquistando una nuova cassettiera a parete, usata e riciclabile, nella speranza che i nuovi cassetti riescano a contenere almeno i miei sogni più necessari.

Se tornasse indietro, artisticamente, cosa non rifarebbe e cosa invece farebbe senza esitare?

Se tornassi indietro cercherei di anticipare il mio debutto cinematografico. La mia opera prima per il grande schermo è del 2021, il thriller DIETRO LA NOTTE (attualmente visibile su RAIPLAY). Avevo già avuto un paio di occasioni che non ero riuscito a cogliere perché già impegnato in serie Tv. Adesso, darei priorità al Cinema.

Quali valori sono importanti per Daniele? Quali prova a trasmettere?

Conoscere se stessi per essere liberi di scegliere. Per essere liberi e consapevoli di mettere e togliere le inevitabili e indispensabili maschere che la vita sociale necessita. Vedo intorno a me troppe persone imbrigliate nelle armature che si sono costruite per difendersi e che ormai si sono trasformate in gabbie da cui non riescono più ad uscire. Conoscere se stessi e vivere nel Presente sono le mie priorità. Sono uno che viaggia leggero, solo bagaglio a mano. E credo che riconoscere e apprezzare il Presente sia la chiave della felicità.

“Quando siete felici, fateci caso.” È la frase che ho scritto a mano su una parete del mio studio.

Stupenda! Complimenti. Le origini (o Radici), la fede, l’amore, la famiglia, il prossimo; una definizione per ognuno?

Sono toscano. Sono nato a Pontedera, ho vissuto a Santa Croce sull’Arno e ho fatto le superiori a Empoli. Tutto in una manciata di chilometri. Secondo di quattro figli, una mamma giovanissima, un babbo lavoratore. La mia casa di allora sono le mie radici. Ed è ancora in quelle stanze, in quelle serate, in quelle parole che prendono vita le mie storie.

La fede è scivolata dalla religione all’uomo. La trovo in un gesto di qualcuno più che in una preghiera.

L’amore che mi fa amare spassionatamente ancora oggi nasce da quello incondizionato e totale di mia madre.

La famiglia ti regala le ali, ma se poi non le usi te le strappa.

Il prossimo, sono io.

Vuole raccontare qualche aneddoto, per esempio, sui primi incontri con produttori, colleghi, attori, personaggi vari incontrati in ambito lavorativo avvenuti in passato o anche recentemente?

Ho studiato con registi e coach americani, alcuni veri e propri giganti. Ho avuto come prima insegnante Francesca De Sapio, la fondatrice del Duse Studio, donna eccezionale, guida illuminata sui processi creativi della recitazione. È stata l’humus da cui ho elaborato tutto quello che so.

Ho poi lavorato con innumerevoli attori. Con mostri sacri da cui ho appreso segreti impagabili. Nino Manfredi mi ha insegnato il potere della leggerezza. Franca Valeri la necessità della sintesi. Paolo Villaggio la tossicità del superfluo. Fu proprio lui, ai tempi della serie Tv ‘Carabinieri’, che mi ‘impose’ come sceneggiatore, pretendendo che il mio nome comparisse nei titoli di testa, facendomi fare il salto da anonimo gosht-writer a sceneggiatore professionista.

Ha diretto e sceneggiato film per il Cinema, fiction Tv, opere teatrali; cosa le ha dato e le dà più soddisfazioni?

Sono tre linguaggi diversi che si basano su un identico presupposto: emozionare raccontando storie. Del Cinema mi piace la libertà autoriale del racconto. Del Teatro, il lusso di raccontare una storia in ordine cronologico, dall’inizio alla fine. La Tv ti dà visibilità e responsabilità straordinariamente stimolanti. Difficile dire cosa amo di più. Sono per l’amore libero, ménage a quatre.

Ha diretto nel 2000 uno speciale TV per la RAI su Franca Valeri che tra l’altro l’anno prima, nel 1999 aveva firmato la prefazione di un suo libro. Che ricordo ha della Valeri? 

Ho conosciuto, anzi abbiamo conosciuto, io e Urbano Barberini, la grandissima Franca Valeri nel 1997 quando lei, spinta dal Maestro Patroni Griffi venne a vedere lo spettacolo SULLE SPINE da me scritto e diretto e da Urbano magistralmente interpretato. E da allora non ci siamo più persi di vista. Lavorai con lei e con Manfredi nella terza stagione della serie Tv ‘Linda e il Brigadiere’. Poi mi fu pubblicato il libro del copione dello spettacolo e lei ne firmò la prefazione. Fu allora che mi chiesero dalla Rai di fare un ritratto di Franca donna e attrice. Realizzai il docu-fiction: ‘Franca Valeri, il mito dell’ironia’. E poi seguirono viaggi a Venezia, pomeriggi sul lago, passeggiate con i suoi adorati cani. Scrivemmo anche un copione ‘Oddio, Mamma!’ a sei mani (Franca, io e Urbano) che poi diventò uno spettacolo in cui ebbi l’onore di dirigerla. Mi ha insegnato molto senza pretendere di insegnarmi niente, solo mostrandomi una prospettiva insolita da cui guardare ciò che ci circonda. Un insegnamento sottile che è il succo di tutto.

Quanto è importante la libertà di azione e di esprimersi per un Regista?

È fondamentale. La possibilità di procedere pronto ad inglobare intuizioni o sensazioni che sopraggiungono durante il processo creativo della realizzazione di un progetto fa la differenza. Avere come referenti produttori che ti chiedono solo di eseguire, rispetto ad altri che ti sostengono creando insieme a te ha un effetto positivo deflagrante sul risultato finale.

Talento e Merito: quanto servono per affermarsi seriamente in questo ambito?

Una certa dose di talento è fondamentale, ma il talento è un puledro in una prateria se non gli indichi una direzione e gli insegni come incanalare la propria energia a servizio di un obiettivo, si disperde scalpitando a vuoto. Ho visto persone con grande talento dissolverlo in mille rivoli ed altri, forse meno talentuosi, ma più disciplinati e costanti, raggiungere eccellenti risultati. Il talento si allena. Gambe lunghe da solo non bastano per vincere le Olimpiadi di salto in alto.

Di conseguenza: Artisti si nasce, e…?

Di conseguenza artisti si nasce e poi si diventa.

Il lavoro degli Artisti, oggi, quanto è importante per la Società civile, specie post pandemia che ha “stravolto le certezze” di molti e il vivere quotidiano?

I lavori artistici e creativi hanno da sempre permesso alle società di emanciparsi e di trovare nuove strade invisibili agli occhi di chi non ha fantasia. Quando i tempi diventano duri o difficili la creatività nell’arte di arrangiarsi accende le antenne e porta a risultati sorprendenti. La pandemia per molti è stato lo spartiacque fra la vita che facevi e la vita che avresti voluto fare. L’incertezza ti obbliga ad abbandonare le zavorre e a concentrarti su ciò che non è negoziabile.

La sua opinione di regista sull’avvento della tecnologia? In generale e nella quotidianità?

Le nuove tecnologie, ma soprattutto la velocità con cui nascono, si evolvono, invecchiano e muoiono è affascinante e terrificante al tempo stesso. Ma sono sempre esistiti e sempre esisteranno quelli che dicono: “Ehhh, ai miei tempi…” Cerco di vedere le novità non come ostacoli da gestire, ma come opportunità da esplorare.

Oggi va di moda il tema sulla Intelligenza Artificiale applicata ovunque; quindi, anche il mondo artistico sembra non sarà risparmiato; che ne pensa?

Penso che l’Intelligenza Artificiale sarà una bella bestia da domare. Ma ho fiducia che riusciremo a trattarla come una delle tante nuove scoperte tecnologiche. Il mondo artistico ne sarà inevitabilmente contaminato, ma non sopraffatto. La tecnologia e l’arte si toccano, si sovrappongono (come già stanno facendo), ma non potranno mai sostituirsi l’una all’altra. Facciamole amiche e non rivali.

C’è molto Amarcord per la musica ed i film degli anni 60, 70, 80 e 90… A ragion veduta? Significa che oggi c’è meno creatività?

L’Amarcord dei tempi passati è sempre esistito in tutte le epoche. Non è certo una novità. Riproporre storie che già sappiamo come vanno a finire tranquillizza. Come i bambini che chiedono di rivedere a loop gli stessi film o gli stessi cartoni. Sapere già chi è l’assassino e se l’eroe si salverà evita sorprese.

A me, che sono uno che eleva il Presente ad unico tempo possibile, crogiolarsi in ciò che è stato inorridisce. Ma, per fortuna, non siamo tutti uguali.

Se non avesse fatto questo stupendo ma difficile mestiere quale alternativa?

Ho un doppio diploma da interprete parlamentare. Sarebbe stato quello il mio Piano B.

Gli avvenimenti socio-politici nazionali ed internazionali degli ultimi tempi stanno minando molte certezze a più livelli. Il mondo artistico cosa può fare per “convincere” i potenti del mondo a rinunciare alle guerre e promuovere la pace? 

Nei tempi bui gli artisti sono il puntino di luce lontano che nutre la speranza e la forza di cambiare. Quel bagliore ti ricorda incessantemente, disperatamente che un mondo migliore è possibile. Che la tua creatività è più potente dei potenti.

Se dovesse scrivere una sceneggiatura su ciò che sta accadendo quale sarebbe il fulcro del messaggio che vorrebbe arrivasse alla gente?

Non farti distrarre da ciò che è stato. Prendi coscienza di ciò che è e cambialo. Un mondo migliore è possibile e parte da te.

La classica domanda: Come si vede Daniele Falleri nel “futuro”?

Ferito. Orgoglioso. Sicuramente dignitoso. In lotta per i propri sogni. Arrabbiato tendente al felice. In pratica come sono oggi.

Lei è un “Vince Award” ovvero ha ricevuto nel 2020, il prestigioso Premio Vincenzo Crocitti International. Inoltre, è presente quale Testimonial agli eventi annuali. Conosceva Vincenzo? Vuole dire qualcosa in merito?

Conoscevo benissimo Vincenzo Crocitti. Eravamo amici.

Abbiamo lavorato per quattro anni insieme a Città della Pieve, alla serie Tv CARABINIERI, e abbiamo condiviso serate a ridere e talvolta a piangere. E non ci siamo più persi fino alla sua dipartita. Vincenzo era generoso. Un sabato mi chiese di accompagnarlo a fine riprese al mercatino del paese perché la settimana precedente aveva visto un paio di scarpe che gli piacevano. Non c’era la sua taglia. Le comprò lo stesso e le regalò ad un ragazzo della troupe: “Sono troppo belle perché nessuno ne goda.” Questo era Vincenzo, si illuminava del sorriso altrui.

Daniele, qual è la domanda che nessuno le ha mai fatto e che avrebbe voluto le fosse rivolta? 

Posso avere il suo Iban per farle un sostanzioso bonifico?

….e cosa risponderebbe?

IT95W02300021000010007XABCDEFGHI0000000

Daniele: a chi pensa di voler dire un semplice GRAZIE?

Alle persone da cui sono riuscito a farmi voler bene.

Saranno molte, di certo. Grazie per l’intervista e Ad Maiora semper!

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COPYRIGHT: La presente intervista con foto è concessa in esclusiva alla giornalista Carmen Minutoli dal Regista e sceneggiatore Daniele Falleri. Riutilizzo consentito citando autrice_CM e fonti.